Profughi a Fano, la Cisl: non saranno loro a ostacolare il turismo in città

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FANO – Il dibattito e le polemiche di queste ore sull’accoglienza di 41 profughi nella nostra città e ospitati presso una struttura alberghiera del Lido di Fano rischia di far distogliere la vera problematica dei profughi. Ricordiamo che queste persone per lo più bambini e donne fuggono da situazioni di conflitto ( Siria, IIRAQ, Kurdistan) e da paesi continuamente sottosviluppati (Eritrea Etiopia, ) e scelgono di giungere in Europa dove sicuramente trovano una situazione sociale civile economica e politica non lacerata da conflitti guerre e dove in ogni caso ci sono condizioni di vita notevolmente migliori di quelle dei loro paesi.  Altro aspetto che tutti dimentichiamo è la mancanza di una legislazione nazionale ed europea ( di cui sicuramente la Bossi Fini non rappresenta la migliore legge in tema di emigrazione e d’integrazione) che contrasti l’immigrazione clandestina e i viaggi della speranza. Ricordiamo che dal 1994 ad oggi sono morti nel canale di sicilia più di 7000 persone e più di 30.000 sono stati coloro che sono arrivati in Europa approdando in Italia.

Questi richiedenti asilo sembra stiano facendo di tutto per ostacolare il turismo nella nostra città e i residenti sono allarmati per la pericolosità di queste persone !!!
Chi li avvicina e ha conosciuto le loro tremende storie si rende conto che non sono loro la causa della crisi del turismo Fanese e che la prossima estate non sarà la loro presenza a Fano che impedirà di raggiungere gli “entusiasmanti dati della scorsa estate. Non ricorriamo Mah…. qualcuno li ha avvicinati? qualcuno ci ha parlato? qualcuno ha conosciuto le loro tremende storie? si pensa davvero che possa essere a causa loro che a Fano la prossima estate non verrà nessuno ? La Cisl di Fano invita la società civile della nostra città a rifuggire dalla paura del diverso, dalla paura di contaminarsi, e di avviare interventi strutturati, tesi a d accogliere in strutture adeguate ed idonee con progetti di integrazione ed accoglienza realmente operativi ed efficaci,
Molto viene fatto da quelle cooperative associazioni che operano nell’accoglienza dei richiedenti asilo politico e se oggi coloro che si indignano per e polemizzano per questo gruppo di profughi accolti all’Hotel Plaza utilizzassero le loro risorse umane professionali e civili per creare condizioni di reale integrazione ne guadagnerebbe sicuramente la società civile e i problemi potrebbero essere affrontatati rifuggendo dai luoghi comuni e dalla strumentalizzazione ideologica.

C’è molto da operare in questa direzione , sicuramente il periodo socio-economico non è il migliore, ma solo la coesione sociale solo accogliendo e non respingendo a priori costruiremo anche nella nostra città un modello di integrazione anche per questi rifugiati politici: che poi la struttura scelta sia all’hotel Plaza, all’hotel Principe o al Vittorio colonna ….non ha importanza.

I NUMERI DELL’ IMMIGRAZIONE

Dal 1994, nel Canale di Sicilia sono morte almeno 7.065 persone, lungo le rotte che vanno dalla Libia (da Zuwarah, Tripoli e Misratah), dalla Tunisia (da Kelibia, Sousse, Chebba e Mahdia) e dall’Egitto (in particolare la zona di Alessandria) verso le isole di Lampedusa, Pantelleria, Malta e la costa sud orientale della Sicilia. Più della metà (5.218) sono disperse. Altri 229 giovani sono annegati navigando dalla città di Annaba, in Algeria, alla Sardegna. Il 2011 è stato l’anno più brutto: tra morti e dispersi, sono scomparse nel Canale di Sicilia almeno 1.822 persone. Ovvero una media di 150 morti al mese, 5 al giorno: un’ecatombe. E senza tenere conto di tutti i naufragi fantasma, di cui non sapremo mai niente. Ben più di quante ne morirono in tutto il 2008, l’anno prima dei respingimenti, quando si contarono 1.274 vittime a fronte di 36.000 arrivi in Sicilia. Non solo. Quei 1.822 morti nel Canale di Sicilia rappresentano il 77% dei 2.352 morti registrati nel 2011 in tutto il Mediterraneo. Non è soltanto il maltempo a causare un così alto numero di decessi. C’è dell’altro e lo si capisce dal fatto che sulla rotta libica si muore otto volte più spesso che non su quella tunisina.
Vittime del Canale di Sicilia dal 2002 al 2011
Anno 2002 2003 2004 2005 2006 2007 2008 2009 2010 2011
Morti 236 413 206 437 302 556 1274 425 20 1822

Nel 2011 infatti, a fronte di circa 25.000 arrivi dalla Tunisia e di altrettanti dalla Libia, le morti documentate sulla rotta tunisina sono state 334 mentre quelle sulla rotta libica sono state addirittura 1.488. Come dire che sulla rotta tunisina muore un passeggero ogni 75, mentre sulla rotta libica ne muore 1 su 17. Quattro volte di più. E il dato potrebbe essere ancora più allarmante. Perché nessuno è in grado di dire quanti siano i naufragi fantasma di cui non si è saputo niente.

Sicuramente a rendere più pericolosi i viaggi dalla Libia nel 2011 sono state le condizioni di sovraccarico a cui sono stati esposti i profughi in fuga dalla guerra. E di questo hanno una responsabilità diretta le forze armate del deposto regime di Gheddafi che hanno gestito l’intera operazione nel 2011. Secondo numerose testimonianze raccolte direttamente tra gli sbarcati infatti, il regime di Gheddafi non soltanto ha incoraggiato le partenze per l’Italia, mettendo a disposizione il porto di Zuwara, il porto commerciale di Tripoli e il porto di Janzur, alla periferia ovest della capitale. Ma ha addirittura ordinato alle milizie filogovernative di effettuare retate nei quartieri neri di Tripoli e delle città ancora sotto il controllo del colonnello, per raggruppare un numero sufficiente di passeggeri e riempire le barche.

A tutto questo si aggiunga che ormai da diversi anni, nella maggior parte dei casi, le organizzazioni del contrabbando non mandano più i loro uomini al timone. La guida delle barche è spesso affidata a caso a uno dei passeggeri, a volte senza che abbia nessuna esperienza di mare. E per quanto riguarda il soccorso, i pescatori prestano sempre più difficilmente soccorso in mare, per non rischiare l’arresto e il sequestro delle navi. E lo stesso fanno le navi da guerra della Nato, ma evidentemente per ben altri motivi.

Dopo la guerra in Libia, gli sbarchi in Sicilia hanno avuto una pausa nel 2012, ma nel 2013 la rotta libica e quella egiziana sono tornate ad essere battute. Nei primi nove mesi dell’anno, sono sbarcate nel sud Italia 30mila persone, di cui più della metà siriani, eritrei e somali. E alla ripresa degli sbarchi è seguita una nuova scia di lutti e tragedie.

Giovanni Giovanelli
CISL FANO

1 COMMENT

  1. guardate che non siamo sottosviluppati analfabeti e voi non siete gli illuminati!! non è così che si risolvono i problemi ..ne arriveranno altri e poi altri …e tra loro anche criminali e farabutti ..che pensate di fare? i problemi vanno risolti alla radice nelle loro terre e poi i recenti scandali ci fanno capire come sia falso a volte il vostro buonismo e la vostra carità

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