FANO – Anche quest’anno, in vista delle festività, il vescovo di Fano, Fossombrone, Cagli, Pergola ha inviato una lettera di Natale alla città:
“Se un uomo sogna da solo,
il suo rimane un sogno.
Se invece molti uomini e donne sognano insieme,
allora diventa l’inizio di una nuova realtà”
“Ciascuno di noi ha nel cuore il desiderio di realizzare qualcosa di bello e di buono per sé e per la realtà che lo circonda; se questo desiderio non si trasforma in sogno collettivo la nostra realtà non può cambiare.
Mai come ora abbiamo bisogno di gettare il cuore oltre l’ostacolo, di guardare ad un orizzonte più ampio, e pensare a grandi ideali per ripartire con nuovo slancio nella costruzione di un bene comune.
Il malessere sociale nel Paese è grande e comprensibile. Si scontrano due esigenze: salute ed economia.
Se la priorità si dà alla salute (come è giusto) si compromette l’economia. Se la preferenza è data all’economia si mette a rischio la salute e la vita di migliaia di persone. Un intreccio perverso che lascia molti scontenti e vittime sul campo.
Aggrava il tutto il fatto che il Paese ha perso la coesione sociale che aveva dimostrato nella prima ondata del virus.
Il dilagare dell’individualismo e la difficoltà di “pensare insieme” il futuro all’interno di orizzonti condivisi desta forti preoccupazioni soprattutto sul destino dei giovani, ai quali la vita sociale sembra non offrire prospettive e risposte alle domande fondamentali del vivere.
Nessuno può salvarsi da sé o pretendere di avere in mano la soluzione per tutti i problemi: la sfida del futuro deve riguardarci e impegnarci insieme, coralmente, per il bene delle persone e della comunità. Siamo convinti, infatti, che la città possa essere ancora un luogo di relazioni significative, che incarnano la molteplicità di identità e culture presenti.
“Solo uno sguardo il cui orizzonte sia trasformato dalla carità, che lo porta a cogliere la dignità dell’altro, i poveri sono riconosciuti e apprezzati nella loro immensa dignità, rispettati nel loro stile proprio e nelle loro cultura, e pertanto veramente integrati nella società” ( Enc. Fratelli tutti 187).
Carissimi… il Natale ritorna.
Il suo ritorno annuale può anche generare noia e fastidio se ciò che si ripete manca di senso, non accende un certo stupore, non apre alla speranza, come può ancora essere motivo di meraviglia, di certezza perché da sempre pensati e amati da un Dio che per questo amore si dà tutto per noi.
Siamo così sicuri che anche nelle nostre città gli aspetti ritenuti più ovvi e caratteristici delle festività natalizie abbiano davvero a che fare con la fede in Gesù, nato da Maria, venuto nel mondo per narrare a tutti il volto misericordioso di Dio?
Torniamo alle radici: cosa pensiamo davvero quando diciamo “Natale”? Cosa è il Natale? Chi è il Natale?
Riscoprire e riaffermare i veri significati della festa che sono quelli propriamente cristiani – il Dio si è fatto uomo perché ha tanto amato il mondo – non significa rinchiudersi in un ghetto esclusivo, ma mostrare la creativa capacità di narrare con il linguaggio della nostra cultura in mutamento la perenne “buona notizia” che riguarda tutta l’umanità: la nascita di Gesù, che è abbraccio tra giustizia e verità, è incontro fecondo tra cielo e terra, è speranza e promessa di pace e di vita piena. Insomma, Lui è venuto a far risplendere la nostra umanità in tutta la sua bellezza.
La speranza non muore e la suggerisce e sostiene personalmente il Natale che celebra la nascita del Figlio di Dio tra noi. Gesù non è venuto a cambiare magicamente le cose, ma ad offrirci l’energia, la pazienza, la costanza per cambiarle.
Stiamo più attenti a “dire parole di incoraggiamento, che confortano, che danno forza, che consolano, che stimolano, invece di parole che umiliano, che rattristano, che irritano, che disprezzano” (Enc. Fratelli tutti 223). A volte, per dare speranza, basta essere “una persona gentile, che mette da parte le sue preoccupazioni e le sue urgenze per prestare attenzione, per regalare un sorriso, per dare una parola di stimoli, per rendere possibile uno spazio di ascolto in mezzo a tanta indifferenza” (ibid., 224).
Vorrei che sotto l’albero di Natale delle nostre città ci fosse il regalo della speranza: ognuno di noi ha bisogno di poter credere in un futuro diverso per sé e per i propri figli; ognuno di noi ha bisogno di pensare alle positività che rendono la nostra vita unica e speciale. Stringiamoci per quello che siamo e non per ciò che cerchiamo di apparire, ricordiamoci del senso di accoglienza che esisteva un tempo e costruiamo il nostro domani su ciò che siamo in grado di essere e di fare.
Un augurio particolare alle mamme che amano senza chiedere nulla in cambio; ai giovani che chiedono soltanto di diventare grandi; agli anziani che sono pronti a consolare e a sorridere e a non abbattersi di fronte a nulla; ai papà che in un abbraccio comunicano tutto l’amore di cui sono capaci.
Buon Natale a chi non ha motivi per sorridere, ma sa bene che dopo la notte più buia il sole sorge più caldo che mai; buon Natale a chi cerca un lavoro, a chi già lavora, a chi, con grande impegno, procura lavoro per molti. Buon Natale a chi desidera formare una nuova famiglia e a chi la difende con tutte le proprie forze. Buon Natale a chi queste città le ama in maniera incondizionata, senza se e senza ma, ed è pronto ad attuare ogni sforzo possibile per renderle “città di tutti”.