Convegno sul tema “La Polizia a difesa delle donne”: saluto della dott.ssa Lucia Annibali

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PESARO – Oggi si celebra la giornata internazionale contro la violenza sulle donne. E ogni volta che si celebra una giornata per questo o per quel motivo io mi chiedo: servirà davvero a qualcosa? La risposta è sì, anche se a giudicare dalle cronache quotidiane di tutto l’anno ho avuto più volte la tentazione di rispondere che “no, non serve a nulla”.
E invece credo che sia un tributo giusto, per quanto minimo, per tenere accesa la memoria delle vittime. E penso anche che sia un giorno di pensiero collettivo focalizzato sulla questione femminile, chiamiamola così. E quindi sì, serve. Ogni volta che qualcuno si ferma a pensare a una violenza subita da una donna è un piccolo, piccolissimo successo della causa della non violenza. Perché rifletterci è fondamentale, è uno strumento per arrivare alle azioni, le tante azioni possibili per provare ad aiutare la prossima vittima.
E chi sarà la prossima vittima? La mia vicina? una mia amica? una mia parente? o una sconosciuta? Ecco, mi piace immaginare un mondo in cui non ci sarà nessuna prossima vittima ma so bene che non sarà così. Che forse adesso, proprio adesso, c’è una donna che sta morendo per mano di un uomo violento che magari lei ha amato più di se stessa.
Mi rivolgo ai poliziotti e alle poliziotte di domani, alle forze dell’ordine in generale e ai ragazzi che sono qui ad ascoltare. L’amore ha bisogno soltanto di amore. Di gentilezza, di comprensione, di empatia, di complicità amorevoli. E, più di ogni altra cosa, di rispetto. Il resto è quello che io chiamo “non amore” e di non amore ci si ferisce o si muore troppo spesso nel nostro Paese. Per contare le morte alla fine di un anno e vedere i numeri retrocedere sempre più invece che crescere, c’è bisogno dell’aiuto di tutti, prima di tutto delle stesse donne.
So bene per esperienza personale che uscire dal buio in cui ti confina un “non amore” è difficilissimo. Lo può essere per mille motivi, a cominciare dalla paura, ma anche perché non si è indipendenti economicamente, perché ci sono di mezzo i figli, perché si finisce col vivere in una condizione psicologica devastante. Lo so, è una strada ripidissima e la salita sembra insuperabile. Ma credetemi, non è così. Tutto si può superare se serve a ritrovarsi, a tornare a essere se stesse, a essere libere, finalmente. Tutto si può superare se si sceglie di essere felici.
Ma per imboccare la via del ritorno alla vita, prima di tutto serve un lavoro interno, su se stesse. E poi la fiducia verso il futuro e la vita stessa. E quando parlo di fiducia intendo anche la fiducia verso le forze dell’ordine o comunque le persone a cui si consegna una storia di non amore.
Denunciare è un passaggio straziante, spesso, per chi vive una situazione di violenza. Fate in modo, voi poliziotti, voi dei centri antiviolenza, voi carabinieri, voi chiunque siate… fate in modo che una donna che viene da voi a consegnarvi la sua vita si senta al sicuro, protetta dalla vostra comprensione, prima di tutto, e poi dalla vostra professionalità e dalla vostra capacità di affrontare un problema per lei così enorme. Lo so: c’è ancora molto da fare sulla preparazione professionale e sulle strutture che possono accogliere queste donne. Ma so anche che non c’è professionalità né centro antiviolenza, né rifugio che possa servire a nulla se non si mette in campo il cuore, prima di ogni altra cosa. Il cuore di chiunque si occupi di donne maltrattate, violentate, picchiate, in fuga da una non-vita.
Parlo anche alle donne che sono qui, adesso. Se sapete, se avete anche solo il sospetto, se avete più di un sospetto che una vostra amica, sorella, cugina, vicina… sia nei guai con un uomo violento non lasciatela sola. Aiutatela a capire che la denuncia può salvarla e se non la convincete in quello cercate almeno di convincerla a lasciarlo. Non abbandonatela mai. Non lasciate che sia lei la nemica di se stessa.
E un’ultima cosa: non lasciatevi mai sopraffare da nessuno. Non lasciate che sia lui a imporvi come dovete vestirvi, come dovete pensare, come dovete comportarvi, come dovete essere. Siate voi stesse fino in fondo come lo sono io adesso. Siate quel che siete e se decidete di cambiare fatelo soltanto perché lo avete deciso voi. “Tu sei mia” può essere forse una frase sussurrata in un momento di intimità, non una realtà che autorizza un uomo a trattarvi davvero come se foste un suo possesso.
Mai confondere l’amore con il possesso.
Perché il possesso è più parente della violenza che dell’amore.

Lucia Annibali

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