Alla Pinacoteca San Domenico la seconda serata Liciniana

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FANO – Parallelamente alla mostra su Osvaldo Licini, attualmente in corso a Palazzo Bracci Pagani di Fano fino al 27 ottobre, la Fondazione Carifano, che ne ha curato l’allestimento, ha previsto una serie di incontri, che si potrebbero definire “laboratori culturali”, con lo scopo di approfondire la conoscenza dell’artista e comprenderne il messaggio.

 

Tali eventi rientrano nel progetto di proposta e diffusione dell’Arte contemporanea che da qualche anno la Fondazione Carifano ha adottato, nella convinzione che sia il presupposto per comprendere ed interpretare l’attualità del nostro tempo.

 

La prima delle tre “Serate liciniane” programmate è stata celebrata in occasione della cerimonia di inaugurazione dell’esposizione, lo scorso 26 luglio, con l’intervento di Stefano Papetti, curatore della Mostra, su: “La ricerca artistica di Osvaldo Licini”.

 

Sabato 14 settembre, alle ore 21,15, presso la Pinacoteca San Domenico si svolgerà la seconda serata che vedrà come relatore il professor Francesco Sberlati della Università degli Studi di Bologna (Dipartimento di Filologia classica e italianistica –Cattedra di Letteratura italiana moderna) che illustrerà il tema: “Amalassunta è la Luna. Licini e il sarcasmo di Giacomo Leopardi.

Il tema della relazione del professor Sberlati, originale e assolutamente poco trattato (sull’argomento esiste solo un saggio introduttivo ad un’altra mostra di Papetti e un testo di Marcello Verdenelli in “Carte urbinati” del 2010) prende lo spunto dall’interesse più volte manifestato da Osvaldo Licini per il poeta conterraneo: esistono infatti  alcuni disegni della “piazzetta”  che si vedeva da casa Leopardi;  un bozzetto del paese di Recanati; un ritratto a matita con un Leopardi arcigno ed accigliato (presente nella mostra di Fano);  un paio di disegni di  personaggi con tuba visti di spalla e riferibili a Leopardi.

Molte citazioni, invece, in lettere e testi scritti da Licini ancora a testimonianza di una certa affinità elettiva di pensiero, sentimenti ed azioni fra i due illustri corregionali.

Con riferimento ad una definizione che lo stesso Licini si era dato, Stefano Papetti li definisce ”ambedue “erranti” poiché trovarono nel pendolarismo fra il natio borgo selvaggio e i più animati centri culturali dei rispettivi tempi una ragione di vita.

“Erotici” in quanto bruciati da una passione che li ha portati a vivere con intensità ogni esperienza intellettuale.

“Eretici” infine poiché, pur partecipando ai fermenti culturali dei loro tempi, seppero sempre interpretarli in modo originale”.                                                                                                                                                                                  

Scrive Sberlati: “La principale costante nella carriera artistica di Osvaldo Licini è che poesia e immagine in lui non sono contigue, ma strettamente interdipendenti e complementari. Anzi, la poesia è per Licini un criterio per valutare la propria arte di disegnatore: ‘i miei disegni sono un poco quello che chiamano la poesia ermetica’, scrive alla cugina Gemma nella lettera del 13 marzo 1950. Ciò che Licini più ammira in Leopardi è la sua ‘eroica’ capacità di accettare un’esistenza destinata a rimanere precaria e priva di certezze, un’esistenza che rinuncia coraggiosamente al suo sogno di integrità perfetta”.

 

Anche se Licini a questo cerca di reagire e di proporsi a sua volta “eroico” nel tentativo di superare i limiti: e sono i limiti di spazio e tempo, con il suo “Olandese volante”, che, a causa della sua superbia, è  condannato ad errare per l’eternità sul  vascello fantasma sospeso fra cielo e mare; sono  i limiti delle convenzioni stabilite, con la sua “Amalassunta” che, diventata regina  del suo popolo, sfidò l’opposizione dei maggiorenti della sua corte fino al sacrificio personale; sono, infine, i limiti del divino, con i suoi Angeli ribelli, caduti in disgrazia ma anelanti ad un riscatto e ad una risalita al  cielo per ricongiungersi all’Uno. E’ questa promessa di libertà, forse, quello che potremmo vedere al di là della siepe di Leopardi “che da tanta parte dell’ultimo orizzonte il guardo esclude”?                                                                             

E la stessa cosa potremmo scorgere oltre il profilo dei Monti Sibillini, quasi sempre presente nelle opere di Licini? E allora è anche quello che potremmo trovare al di là della tela squarciata e forata nei “Concetti spaziali” di Lucio Fontana. 

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