I test dei primi 150.000 italiani per capire quanta parte della popolazione sia immunizzata al Covid-19 sono bloccati da una norma sulla privacy. La questione riguarda il reperimento dei contatti telefonici dei singoli cittadini che saranno chiamati a fare il test. È attesa infatti in questi giorni una norma in materia di privacy che sblocchi qualsiasi impedimento per contattare, attraverso le Asl nelle varie Regioni, le richieste ai singoli cittadini selezionati su scala nazionale. In attesa che venga definitivamente messa a punto la norma, sarà avviata anche una campagna informativa di comunicazione. A quanto si apprende pero’ nei giorni scorsi il Garante ha reso il suo parere su uno schema di norma. “A seguito del parere è stata avviata una positiva interlocuzione con i tecnici del Ministero della salute, nel corso della quale l’Autorità ha dato indicazioni per una più puntuale definizione della norma stessa e per fissare adeguate garanzie per i cittadini coinvolti nei test”. Ma oltre ai problemi normativi, non mancano gli interrogativi più scientifici, come segnalano sull’American Journal of Clinical Pathology, i ricercatori della Yale University. I dati sui test degli anticorpi e la loro efficacia sono infatti contrastanti: si oscilla da risultati incoraggianti, come quello secondo cui gli anziani sembrerebbero produrre anticorpi più potenti, ai possibili falsi positivi che potrebbero uscire dagli esami sierologici.
Gli anticorpi diventano rilevabili nel sangue dal 14/mo fino al 28/mo giorno dall’inizio dei sintomi, ma potrebbero essere stati prodotti dal contatto con un altro dei membri della famiglia dei coronavirus, come quelli che provocano le comuni sindromi influenzali. Per determinare se una persona è veramente immune, bisogna tenere conto dei suoi sintomi, della specificità e sensibilità del test che misura gli anticorpi. Ciò però non basta, perché altri dettagli complicano il quadro. Il dosaggio degli anticorpi non è di facile di interpretazione anche quando è fatto su malati gravi. Fra i pazienti ricoverati con sintomi e tampone positivo, 1 su 3 non ha anticorpi circolanti nel sangue capaci di neutralizzare il virus quando il sangue viene messo a contatto con il virus stesso in laboratorio. I test disponibili oggi sul mercato differiscono in modo significativo fra loro in termini di resa: per dare una interpretazione definitiva dei risultati del test e rassicurare le persone, sarà necessaria la validazione di uno o più di questi test su un numero di pazienti molto più elevato rispetto a quanto fatto finora. Per ora quindi, concludono, bisogna avere pazienza e sapere che anche dal test si può avere un risultato non chiarificatore.