ROMA – Sarà rafforzata l’iniziativa politico-diplomatica del Governo, in sede di Unione Europea, per portare tempestivamente a conclusione l’iter normativo sull’introduzione del regolamento sulla sicurezza dei prodotti non alimentari. Un’azione di concerto con gli altri Stati membri interessati che, qualora possibile, muoverà appunto nell’ambito di una “cooperazione rafforzata”, come previsto dal Trattato sull’Unione Europea, al fine di costituire un quadro giuridico comune per l’introduzione dell’obbligo di indicazione di origine per i prodotti del settore calzaturiero, dell’artigianato e degli arredi.
Questo dunque il senso della risoluzione, presentata a firma della parlamentare marchigiana Lara Ricciatti (Articolo Uno MDP) e approvata ora in Commissione Attività Produttive alla Camera dei Deputati. “Viaggio spesso in treno, ma oggi no. Oggi ero impegnata in commissione, dove il Governo ha approvato una mia risoluzione che può aiutare concretamente tutta l’economia marchigiana, cercando di spingere sull’Istituto della cooperazione rafforzata per costituire una quadro giuridico stabile che permetta alle nostre aziende di lavorare sulla qualità con il riconoscimento dell’indicazione di origine. – commenta lieta delle positive ricadute che il provvedimento potrebbe innescare sul territorio, la deputata marchigiana DemoProgressista – Una risposta concreta alle richieste delle Marche, dove siamo forti sul mobile, sugli arredi, sulle calzature e sull’artigianato”.
La normativa europea che introduce l’obbligatorietà dell’indicazione di origine nasce – a tutela del mercato interno degli Stati e per la protezione dei lavoratori – a seguito della risoluzione sulla proposta di regolamento sulla sicurezza dei prodotti, approvata dal Parlamento Europeo nel 2014 per vigilare il mercato unico e la libera circolazione delle merci. In particolare è prevista per i produttori la possibilità di apporre sull’etichetta la dicitura “Made in EU” oppure il nome del proprio Paese, unitamente ad altre indicazioni di tutela.
Attualmente bloccata in Consiglio Europeo è invece la proposta di un marchio “EU Safety Tested”, complementare a quello esistente, da applicare ai prodotti testati da un soggetto terzo e indipendente, considerati sicuri da un organismo competente. Su questo punto, nonostante i tentativi delle Presidenze di turno (soprattutto quella italiana del 2014 e quella olandese del 2015), continua ad esservi una frattura fra Nord (più orientato alla grande distribuzione) e Sud (manifatturiero) Europa. È in questo contesto che assume particolare rilevanza la posizione italiana in merito all’introduzione del contrassegno “Made in Italy” sui prodotti non alimentari. Per consentire una maggiore potenzialità in termini di export e diffusione sui mercati internazionali.