Sant’Angelo in Vado, “la violenza contro le donne uccide anche gli uomini”

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PESARO – “L’omicidio di un giovane di 17 anni di Sant’Angelo in Vado, che ha sconvolto le Marche, ci butta in faccia con uno doloroso schiaffo tutto l’orrore di una cultura maschile violenta nei confronti della libertà delle donne e della libertà delle relazioni, già tra minorenni.
Un ragazzo è stato ucciso in modo tremendo, come se avesse fatto uno sgarbo, qualcosa di simbolicamente grave e da punire in modo eclatante con una messinscena da clan mafioso, e il movente sembra essere solo quello di una banale gelosia tra ragazzi. La gelosia di un giovane per una ragazza che riteneva di sua proprietà e che temeva avesse un flirt con un altro ragazzo.
Se le notizie di queste ore sono confermate stiamo parlando di ragazzi che si conoscevano bene e che avevano più o meno la stessa età. Il fatto che gli imputati, già tradotti in carcere, siano albanesi di origine, non dice nulla di più se non rimandare una modalità culturalmente situata di gestire una violenza, che però è una violenza culturale comune a tutte le culture patriarcali, quella per cui una donna è una proprietà e se si comporta diversamente dal rimanere in silenzio e mostrare di gradire di essere proprietà di qualcuno viene stuprata, o uccisa, o si uccide il rivale.
Non facciamo ancora abbastanza per dare strumenti ai maschi giovani per vivere la loro mascolinità come occasione per promuovere amore e rispetto, libertà per sé e per gli altri dagli stereotipi della virilità violenta, un mostro culturale che uccide e che è segno di enorme debolezza personale e culturale nella nostra società”.

“Quello che è successo, il modo, il luogo, la vita spezzata di un minorenne, ci dicono che l’odio e la violenza hanno ancora oggi troppe giustificazioni culturali nella nostra società, non altrove, non è necessario, infatti, andare a cercarle lontano. Solo nel modo possiamo trovare una specificità . Questo delitto non è l’uccisione di una persona che improvvisamente si trova a sfogare la sua violenza, sembra qualcosa di costruito come una punizione. Uno dei più tremendi e nascosti reati ancora presenti nelle culture patriarcali al di là dell’Adriatico e in tutto il Medio Oriente è il delitto d’onore. Si obbliga una ragazza della famiglia a uccidersi o un fratello a uccidere la sorella o la cugina perché è stata disonorata (perché frequenta o ha relazioni sessuali o semplicemente ha disobbedito alle regole ferree di condotta decise per lei dalla famiglia). In questo caso la figlia è una proprietà di cui preservare la verginità simbolicamente, e altrettanto simbolicamente “vendere” alla famiglia designata come degna di acquisirla.
Questo delitto può essere associato a retaggi dell’immaginario violento di cui siamo tutti ormai ancora troppo inconsapevolmente fruitori: legare una persona mani e piedi con nastro adesivo e poi tagliargli la gola da dietro è un modo di uccidere che ha reso mediatica la morte terroristica da parte del cosiddetto Califfato Islamico (o ISIS) nelle sue rappresentazioni teatrali dell’orrore che girano in modo virale in tv e in rete.
In tanta ferocia e in tanta codardia c’è anche tanta responsabilità della nostra società che oltre a non prendersi cura della crescita emotiva e relazionale dei maschi giovani e a lasciarli nel pantano di una maschilità di riferimento violenta e perdente sotto tutti i punti di vista, si compiace di non censurare la pornografica sovrabbondanza di immagini da macelleria che i giovani vivono nel mondo virtuale, protagonisti di una “modernità” che in realtà ancora nasconde una mentalità tribale. Come ha fatto notare uno degli inquirenti: “Al momento è come avessero ucciso un personaggio di un videogioco”.

Femminismi, donne di Fano, Pesaro, Urbino.
http://femminismi.wordpress.com

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