Quel mattino di Pasqua è stata realmente spezzata in due la linea del tempo e la storia ha cambiato decisamente corso. Forse le parole più belle su questa inversione di rotta – non più follemente diretta verso l’abisso del nulla – si trovano nella seconda Lettera a Timoteo: “Cristo ha vinto la morte e ha reso luminosa la vita” (1,10).
Certo il male ha ancora le sue parole terribili e raccapriccianti da scrivere nel grande libro della storia. La vittoria di Cristo non è ancora definitivamente compiuta. Ma è stata decisiva: l’ultima parola sarà della Vita sulla morte, della Verità sulla menzogna, dell’Amore sull’egoismo. E già ora è possibile vivere una vita serena e appagante.
Dunque sperare si deve, e si deve perché si può: Cristo è il Signore della storia; la sua risurrezione non ci salva sempre dal dolore, ma nel dolore ci mette immancabilmente al riparo dalla disperazione.
La nostra vita non finirà nel nulla: è questa la speranza che rende meno angoscioso il peso del passato, più vivibile il presente, meno ansiosa e brancolante l’attesa del domani. Il grande muro nero della morte è crollato. La porta del futuro è stata spalancata.
Solo un’esperienza sconvolgente e trasformante spiega il cambiamento avvenuto nei discepoli.
Durante la vita di Gesù essi appaiono spesso meschini e interessati; durante la passione hanno paura di condividerne il destino e lo abbandonano e fuggono; dopo la sua crocifissione e morte si trovano in uno stato di angoscia penosa e di cocente delusione, paralizzati dalla paura e da una imbarazzata vergogna. E’ evidente: come può, da una speranza morta, nascere una fede forte e vivace? Sta di fatto che, improvvisamente, per Pietro e compagni tutto cambia. Nonostante l’opinione corrente, che riteneva impossibile per il Messia il fallimento e l’umiliazione, essi dopo non qualche resistenza, si arrendono finalmente disarmati alla realtà: Gesù, il morto sul patibolo degli schiavi, è proprio lui il Messia e Signore.
L’annuncio della Pasqua inizia con una corsa. E’ la corsa di Maria di Magdala. “Hanno portato via il Signore dal sepolcro e non sappiamo dove lo hanno posto…”. Il sepolcro è il luogo di convegno universale. Lì gli uomini sono riuniti, tutti ugualmente sconfitti, preda della morte.
Maria Maddalena. Gli altri Vangeli ricordano anche altre donne (Mc 16,1); Giovanni nomina solo Maria Maddalena, facendone la figura tipica del discepolo. Infatti è stata ai piedi di Gesù sulla croce (Gv 19,25), sotto l’albero dove lo sposo l’ha vegliata (Ct8,5b). Nei suoi occhi è ancora impressa l’immagine straziante di Gesù Crocifisso: gli insulti, le umiliazioni, la solitudine, i chiodi conficcati in quella carne benedetta. Poi un grido. L’ultimo respiro. Il corpo di Gesù distrutto calato dalla Croce. Un lenzuolo avvolge il cadavere. Un sudario sul volto sfigurato. Un sepolcro accoglie quel che resta del condannato Gesù di Nazareth.
Ora, dopo averlo visto elevato, lo cerca dove l’hanno posto. Luca dice che da lei erano usciti sette demoni (Lc 8,2); purificata dall’amore, è la prima che ha occhi per vedere il Signore. Desidera un angolo di silenzio lontano dagli occhi dei curiosi. Lei e il Maestro, ancora una volta. L’ultima. “Mentre gli uomini tornano a casa, l’amore più forte tenne fermo il sesso debole sul posto” (Sant’Agostino). Maria: una storia d’amore. Cerca il Risorto. Si mette in cammino durante la notte, quando il dolore oscurava il suo cuore, per cercare colui che la propria anima amava. Maria si aspetta di trovare il corpo di Gesù nel sepolcro. Il sepolcro, memoria fondamentale dell’uomo, è costruito dall’affetto di chi vive per chi è morto. Ciò che di lui resta è il ricordo di chi lo ama. La memoria di morte che, incutendoci terrore, ci tiene schiavi per tutta la vita (Eb 2,15) diventa il luogo in cui incontriamo il Risorto. La scoperta del sepolcro vuoto apre una ricerca verso l’ignoto.
Ora Maria deve correre. Deve andare dai discepoli. Deve raccontare quello che ha visto. “Dove sei, o Signore? Chi ti ha portato via? Dove ti hanno nascosto? Perché non ci sei dove ti ho cercato!”. Maria corre. Arriva al Cenacolo. I suoi occhi pieni di confusione incrociano gli sguardi sbigottiti di Pietro e del discepolo amato. Maria si siede, il cuore è in gola. Maria non sa che il suo annuncio cambierà per sempre la storia del mondo. “L’hanno portato via dal sepolcro e non sappiamo dove l’hanno posto”. E si riparte, dal Cenacolo al sepolcro. I tre ripercorrono il cammino del Maestro. Sulle spalle non c’è il peso della Croce, ma un intreccio di paura, delusione, rimorso. Arrivano al sepolcro. E’ vuoto. La pietra è stata ribaltata e il Signore non c’è. I lini e le bende che avvolgevano il suo corpo sono piegati, in ordine. I discepoli vedono, capiscono le Scritture e credono.
“L’uomo ha bisogno di qualcosa che sia diverso dalla terra” (Camus). Dentro di noi c’è l’attesa di un qualcosa che non sappiamo precisare: tutti nel fondo dell’animo avvertiamo una grande speranza, ma non riusciamo a capire come sarà possibile colmarla. Nel corso dei secoli “i mercanti della felicità” e “i venditori sleali di paradiso” hanno via via promesso una soluzione. Hanno detto: sarà la cultura a rendere felice l’uomo! Ma non è stato così. Hanno detto: sarà il benessere a rendere l’uomo felice! Ma non è stato così. Hanno detto: sarà la libertà…il fallimento è sotto gli occhi di tutti. Bernanos con sdegno ha lanciato questa provocazione: “Siete capaci di ringiovanire il mondo, sì o no?”.
Oggi sappiamo che l’umanità ha una meta, ha una terra promessa: la Risurrezione. Una sola è dunque la questione veramente importante: mettersi per via all’alba, non indugiare più, incatenati da pregiudizi e timori, ma sconfiggere con la speranza le tenebre del dubbio.
Pasqua: si è liberato un sepolcro per sollevare in alto una vita risorta. E’ il più grande messaggio: noi non siamo per la morte, ma per un risveglio incessante fino a una vita incontaminabile. Perché allora siamo circondati da tante volontà distruttive, da odi implacabili? Perché molti nidi familiari si trasformano in sepolcri? Perché i cuori dell’uomo, nati per essere oceani di amore, diventano montagne rocciose? Perché tante nubi nel futuro dell’uomo, su quel futuro che è sempre stato “la casa della speranza”? sulle porte liturgiche della Pasqua campeggia una scritta: “Morte e vita si sono affrontate in un prodigioso duello; il Signore della vita era morto: ma ora, vivo, trionfa”. Questa, dunque, la condizione dell’uomo e della storia: il conflitto, la lotta, fino alla morte. Ma questa è pure la forza della vita che si staglia nella morte con il miracolo della Resurrezione.
Lo diremo a tutti, Signore! Diremo che tu sei il Dio della vita. A chi ti cerca diremo di non perdere tempo tra i sepolcri. Tu non sei un Dio morto. Tu non abiti in una tomba. Diremo che la vita nell’amore vince ogni morte. Diremo che la vita donata per amore risorge e che quella trattenuta nel possesso marcisce. Diremo che quel sepolcro era vuoto, strappato al buio della morte e che la luce della Pasqua può sconfiggere le ombre che ci abitano. Lo diremo a tutti, Signore. Lo diremo anche stando in silenzio, anche solo con un sorriso. Tu sei il Dio della vita.
Sandro Salvucci
Arcivescovo Metropolita di Pesaro
Arcivescovo di Urbino, Urbania, Sant’Angelo in vado
Armando Trasarti
Vescovo di Fano, Fossombrone, Cagli, Pergola